Lo Sport è Vita

Testo di Francesca Casalinuovo

Lo sport è una celebrazione della vita – “La mia celebrazione della vita”.
E’ l’audace affermazione: “Sono qui! Amo la vita!”. Attualmente è un fatto accettato che l’espressione dell’emozione attraverso lo sport, se praticato dai bambini o dagli adulti, è la fonte di una profonda soddisfazione-psicologica e può persino compensare la mancanza di appagamento nelle relazioni umane.
Lo sport è nato come un gioco, quando l’uomo iniziò a correre, nuotare, lottare non più costretto dalle necessità della vita o comunque per scopo utilitaristico ma per puro piacere, divertimento. Esso deve mantenere, portare con sé il piacere perché è l’essenza stessa del suo esistere.
Il gioco-sport si svolge in quello che Winnicott definisce “spazio potenziale” ed in questo luogo, mediazione fra il sé individuale e l’ambiente, si colloca la creatività del bambino o dell’adulto che solo giocando usa interamente tutta la sua personalità ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre se stesso!

Lo sport ha ricoperto un ruolo secondario nella vita dell’uomo in particolare “nel bambino” considerandolo come qualcosa che servisse a poco o a niente. Viene data maggior importanza all’aspetto intellettuale dimenticando che l’essere umano non è fatto di compartimenti stagni. La persona è un unicum ed il suo sviluppo passa attraverso l’educazione del corpo poiché qualsiasi cosa facciamo, diciamo è la risultanza di ciò che siamo nella nostra totalità, fisico, intelletto, volontà, sentimenti e affetti. Il corpo non è “la tomba dell’anima” ma è il luogo in cui l’Io-intelletto e sentimenti nascono, si esprimono. Recenti studi pedagogici e scientifici hanno portato ad una rivalutazione dell’educazione motoria ritenuta un processo necessario per lo sviluppo delle funzioni e delle capacità psicomotorie, fisico- motorie, essenziali per un miglior adattamento della persona agli impegni scolastici, sociali.

Lo sport nei fanciulli rappresenta un luogo d’incontro all’interno del quale il contatto con gli altri funge da stimolo ai processi d’integrazione sociale che possono dare libero sfogo alla loro espressività. E’ una delle prime occasioni di distacco dall’orbita familiare per aprirsi al mondo esterno. Favorisce un miglior sviluppo delle loro capacità di auto-stima, contribuisce alla formazione dell’intelligenza e del carattere; guida gli adolescenti a scoprire la gioia del movimento, fungendo da valvola di sfogo contro le frustrazioni, le insicurezze, accumulate durante la quotidianità.

L’attività fisica educa il bambino all’interiorizzazione di un comportamento basato sul reciproco rispetto, sulla fiducia, sulla collaborazione nell’osservanza di regole e della solidarietà. Bisogna dare spazio allo sport in questa società dove televisione, video games sostituiscono gli incontri tra ragazzi nei campetti per giocare, correre, litigare e fare pace. E’ quindi necessario che ogni genitore abbracci la filosofia che vede nello sport un efficiente strumento di educazione sociale, non solo concepito come pratica agonistica di alta prestazione ma anche, e soprattutto, come attività del tempo libero svolta per snellire il fisico e la mente. Infatti, attività fisiche come le arti marziali non sono rivolte al solo miglioramento della prestazione fisica e di combattimento, ma soprattutto, volte alla formazione di un individuo più disponibile e adattabile alle diverse circostanze nelle quali si imbatte. Se vengono praticate con serietà e costanza, le arti marziali consentono al bambino di avere una visione globale dei piccoli e grandi problemi della vita, con maggiore capacità di tolleranza e comprensione dei propri simili.

Creano un forte senso di sicurezza e permettono di scaricare le tensioni, le aggressività accumulate durante la giornata ad esempio, il grido, che sottolinea ogni gesto di attacco, assume una funzione catartica – liberatoria. La combattività rappresenta un elemento positivo necessario per un’affermazione sociale del bambino. In questo sport “la gentilezza può controllare la forza”.

Lo sport ripete in piccolo quello che è la vita di ogni giorno,
si vince, si perde, si esalta, si abbatte, si lotta, si desiste, si fatica e si recupera.

Un’interessante esperienza
Ai genitori dei bambini, e ai bambini dei genitori

Testo di Emilio Lindoni

Una sera torni a casa dal lavoro, tuo figlio è davanti al televisore con il suo programma preferito Dragon Ball, un cartone animato tra i più seguiti dai bambini, mia moglie lo sopporta a mala pena, lo saluti e lui dopo averti risposto ti dice: “Papà, posso fare Karate?”.
Le reazioni in casa a questo punto sono molto diverse e dipendono da un’infinità di cose.
“Non se ne parla nemmeno, io non ti mando in un posto dove ti insegnano a picchiare gli altri bambini.”
Non meravigliamoci: una simile risposta credo sia una tra le più gettonate, soprattutto tra chi il nostro sport non lo conosce o peggio ancora lo conosce male.
“Karate? Ma guarda che li si picchiano, i bambini si possono fare male e poi non so se ci sono scuole per quelli piccoli come te, se vuoi ti iscrivo in piscina, oppure puoi giocare a calcio come il tuo compagno di classe…”
Questa è un’altra tipica reazione, storie sentite mille volte.
“Ma non è vero che i bambini non lo possono fare, il cugino di un mio amico lo fa ed ha un anno meno di me.”
“Mah poi ci penseremo” nella speranza che il bambino se ne dimentichi oppure scelga qualcosa d’altro, e comunque pensando al modo di dissuaderlo da questa nefanda richiesta.
C’è chi si immagina già il bimbo che urlando tira calci e pugni in casa, chi si vede già la nota dell’insegnante perché ha picchiato un suo compagno, per di più “con una mossa di karate”. C’è chi si rassegna “Va bene se proprio lo vuoi fare…” Altri accettano di buon grado e vanno in cerca della palestra, ma di questo ne parleremo più avanti.

La prima reazione è spropositata e direi anche stupida, nel secondo caso io mi chiederei se al bambino piace il calcio o il nuoto. Portatelo a vedere un allenamento dove ci siano altri bambini, oppure – meglio ancora- fatelo provare, molte palestre fanno fare un periodo di prova gratuito, assieme deciderete poi il da farsi, alcuni bambini dopo l’entusiasmo iniziale abbandonano altri continuano con grandi soddisfazioni, cerchiamo di assecondarli.

C’è poi un’altra categoria, cioè chi come me in quel mondo ci ha passato tanti anni e sa di cosa si parla, il karate può essere per alcuni una malattia inguaribile, ed ora ho scoperto che è anche ereditaria, scherzi a parte, a volte la reazione è di entusiasmo, dovutamente celato, siamo onesti: quando un bimbo segue le orme del padre questo ne è sicuramente felice, non lo dobbiamo però forzare sa lui se questo sport gli si addice o no, potremo seguirlo aiutarlo ma non obbligarlo, sarebbe solo stupido egoismo.

A questo punto, visto che il bimbo lo vuole, lo si carica in auto, e si va dove noi abbiamo tirato migliaia di calci, eseguito migliaia di kata e dove, cosa di grande importanza, ci siamo fatti un sacco di amici, perché il karate – e lo sport in generale – significano anche questo. Ne è passato di tempo, ci sono tantissime facce nuove e poche conosciute, già, ne è passato davvero tanto…
Parli con un amico che ora insegna, te lo ricordi perfettamente, ha preso il secondo Dan quando tu prendesti la Nera: “No, purtroppo corsi per bambini non se ne fanno.”
Peccato ci tenevi, chiedi allora di indicarti qualcuno. “Vai da quello, dicono che è molto bravo ed ha dei turni per i bambini.” Vai a vedere com’è, oltretutto è vicino a casa, valuti l’ambiente, dopotutto lo sai fare, ed infine decidi: “Si, va sicuramente bene.” Non so come mai, ma questa storia mi sembra di conoscerla. Va bene, si può cominciare.

Aneddoto a parte, la scelta della palestra può a volte sembrare difficile, il mio Maestro di Judo, diceva che una palestra è buona dove vedi gente che suda, perché lì si lavora seriamente, potrebbe anche essere un metodo, ma penso sia più adatto per gli adulti. Io credo che un corso dove ci siano solo bambini o comunque giovanissimi sia indubbiamente l’ideale, il pargoletto deve sì imparare, ma sarebbe assurdo inquadrarlo subito e come si suol dire “tirargli il collo”, perderebbe immediatamente la voglia, deve essere una lezione a misura di bambino con momenti di lavoro, magari anche duro, ed altri di gioco, fortunatamente istruttori qualificati per questo ce ne sono molti, e vi garantisco riescono a volte a sopportare con pazienza dei Personaggi veramente impossibili, io dopo due minuti li strozzerei.

Il karate è indubbiamente uno sport completo, si utilizza infatti ogni parte del corpo che si sviluppa in modo armonico, dà oltretutto elasticità e scioltezza articolare, sviluppa i riflessi, altrimenti in combattimento sarebbero guai. Calciando si rimane su di un piede, quindi soprattutto con certe tecniche in rotazione, il senso dell’equilibrio è fortemente sollecitato. Per i bambini poi, a livello psicomotorio è indubbiamente uno sport di primo livello, sono infatti movimenti complessi che vanno eseguiti in modo ben specifico, stimolandone positivamente il senso corporeo.

Parliamo ora di un punto dolente, il karate non è uno sport violento, so che moltissimi si solleveranno per questa mia affermazione, ma è così. In palestra spesso, scarichiamo la nostra aggressività imparando a controllarla, ed in particolare per i bambini questo può essere importantissimo, si impara il rispetto verso l’avversario, quindi verso gli altri, c’è anche una certa disciplina e regole precise da seguire che possono solo essere un aiuto per un ottimo inserimento nella società, viene spesso sottolineato l’aspetto che il karate è una forma di difesa non di aggressione, impariamo la non violenza attraverso una violenza controllata, e scusate se è poco.

Qualche parola ora all’altra parte interessata, cioè loro: i bambini.
Goku ed il Dragon Ball sono cartoni animati, il Ranger Walker è interpretato da un grande atleta che per arrivare a quel livello si è allenato duramente per moltissimi anni, vi accorgerete strada facendo che non è tutto così facile, può darsi che si voglia emularli, è naturale ed a volte è bene avere un punto di riferimento, ti aiuta a migliorare perché sai dove vuoi arrivare. È importante sapere però che in palestra non si va per imparare a picchiare gli altri, i bulletti da noi in genere fanno poca strada, imparano ben presto che c’è sempre qualcuno più bravo e più forte di loro.

Si va per fare uno sport che appassiona, si va per imparare a stare con gli altri e per farsi un sacco di amici, che lo saranno anche fuori ve lo garantisco.
Cercate di ascoltare il vostro istruttore, è lì per insegnare a voi, durante l’allenamento cercate di seguirlo e tutto sarà più facile e divertente, qui è un po’ diverso che a scuola, là ci dovete andare per forza qui lo avete scelto voi, quindi metteteci impegno e questo vi darà grandi soddisfazioni, magari anche nel vostro futuro, perché imparare a combattere in palestra vi aiuterà sicuramente a combattere nella vita di tutti i giorni contro le piccole e grosse avversità, sia essa un’interrogazione andata male, oppure una delusione con l’amichetta o amichetto del cuore o, più avanti qualcosa di più difficoltoso.

Detto ciò, benvenuti nel mondo del karate, spero che l’entusiasmo iniziale diventi così grande, al punto di aspettare con ansia la fine delle vacanze per poter tornare in palestra. A quel punto sarete stati contagiati da un morbo che difficilmente vi abbandonerà, per fortuna.
Questo augurio viene da chi è entrato in questo fantastico mondo molti anni fa e vi è ritornato dopo una lunga assenza grazie all’entusiasmo di suo figlio. E pensare che è ricominciato tutto con una domanda, una sera di maggio del 2001 rientrando dal lavoro, Riccardo mi salutò e poi mi chiese: “Papà, posso fare karate?”.